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La violenza sessuale telematica e la procedibilità d'ufficio: l'evoluzione giurisprudenziale nella sentenza Cassazione n. 5688/2025

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La recente pronuncia della Corte di Cassazione penale, Sezione III, sentenza n. 5688 del 12 febbraio 2025, rappresenta un importante tassello nell'evoluzione giurisprudenziale in materia di reati sessuali commessi attraverso strumenti telematici, fornendo chiarimenti decisivi sulla configurabilità della violenza sessuale in assenza di contatto fisico e sui criteri di procedibilità d'ufficio in presenza di connessioni investigative con altri reati.


Il caso e la decisione della Suprema Corte


La vicenda processuale ha visto un soggetto condannato per una serie di reati commessi nell'ambito di attività criminali che coinvolgevano la diffusione di materiale pornografico e atti di violenza sessuale perpetrati attraverso mezzi telematici. Il ricorrente era stato riconosciuto responsabile, tra l'altro, di violenza sessuale ex art. 609-bis del codice penale, tentata estorsione e diffusione illecita di immagini sessualmente esplicite ex art. 612-ter del codice penale.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la condanna e stabilendo principi di particolare rilevanza per la configurazione dei reati sessuali nell'era digitale, con specifico riferimento alla violenza sessuale commessa mediante costrizione telematica e ai criteri di procedibilità d'ufficio.


La violenza sessuale senza contatto fisico: consolidamento giurisprudenziale


Uno degli aspetti più significativi della pronuncia riguarda la definitiva conferma del principio secondo cui il reato di violenza sessuale può configurarsi anche in assenza di contatto fisico tra agente e vittima. Come chiarito dalla Corte, "il reato di violenza sessuale può configurarsi indipendentemente da un contatto fisico tra l'agente e la vittima allorquando venga lesa la capacità di autodeterminazione di quest'ultima per essere stata costretta, mediante violenza o minaccia, alla profanazione della sua sfera sessuale".

Questo orientamento, già consolidato dalla giurisprudenza precedente, trova ulteriore conferma nella sentenza n. 10692 del 2024, che aveva stabilito come "integra il reato di cui all'art. 609-bis c.p. la condotta di chi, mediante minacce di violenza fisica o di diffusione di precedente materiale pornografico spontaneamente ricevuto, costringe la vittima a produrre e trasmettere per via telematica nuove immagini o video che la ritraggono in atti di autoerotismo".

La ratio di tale orientamento risiede nella tutela della libertà di autodeterminazione sessuale, bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice, che può essere leso indipendentemente dalla modalità fisica o telematica attraverso cui si realizza la costrizione. Come precisato dalla sentenza n. 3260 del 2023, "non è indispensabile il requisito del contatto fisico diretto con il soggetto passivo, ma è sufficiente che l'atto abbia oggettivamente coinvolto la corporeità sessuale della persona offesa".


L'elemento temporale e il rapporto di causa-effetto


La sentenza chiarisce inoltre che non è necessaria la contestualità temporale tra la condotta coercitiva dell'agente e l'atto sessuale compiuto dalla vittima, "essendo sufficiente che sussista tra la condotta intimidatoria dell'agente e l'atto sessuale ricadente sulla vittima un rapporto di causa-effetto, ben potendo quindi l'atto involgente la corporeità sessuale di quest'ultima svolgersi anche in un momento successivo, in assenza di colui che mediante la prospettazione delle nefaste conseguenze che si sarebbero verificate ove ragazza non avesse assecondato le sue richieste, la aveva comunque compulsata ad un atto sessuale del tutto contrario alla sua volontà".

Questo principio assume particolare rilevanza nell'ambito dei reati telematici, dove spesso la costrizione e l'atto sessuale si verificano in momenti diversi, mediati dalla comunicazione digitale. La sentenza n. 29335 del 2024aveva già precisato che "la minaccia di divulgare materiale pornografico ritraente la vittima costituisce modalità idonea ad integrare la costrizione richiesta dalla norma incriminatrice".


La procedibilità d'ufficio e la connessione investigativa


Un aspetto di particolare innovazione della pronuncia riguarda i criteri di procedibilità d'ufficio per i reati di violenza sessuale. La Corte ha stabilito che "ai fini della perseguibilità in assenza di querela dei delitti di violenza sessuale, la connessione con un reato procedibile d'ufficio cui si riferisce l'art. 609-septies c.p. non è limitata alle ipotesi di connessione processuale di cui all'art. 12 c.p.p., ma va estesa alla connessione meramente investigativa di cui all'art. 371, comma secondo, c.p.p.".

Questo principio amplia significativamente l'ambito di applicazione della procedibilità d'ufficio, estendendola ai casi in cui sussista una connessione investigativa tra il reato di violenza sessuale e altri reati procedibili d'ufficio, anche quando tale connessione non raggiunga i requisiti della connessione processuale stricto sensu.

La ratio di tale orientamento risiede nella considerazione che "la procedibilità ex officio rende pertanto irrilevante la remissione di querela e la sua correlata accettazione al momento della contestazione del delitto di quo, con conseguente rigetto delle doglianze articolate al riguardo". Tale principio trova applicazione quando "la prova di un reato o di una circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un'altra circostanza", come stabilito dall'art. 371 del codice di procedura penale.


Il concorso tra violenza sessuale e altri reati


La sentenza affronta anche il delicato tema del concorso tra il reato di violenza sessuale e altri delitti, in particolare quello di tentata estorsione. La Corte ha chiarito che "premesso che è diversa l'oggettività giuridica delle due fattispecie incriminatrici, essendo l'estorsione un reato contro il patrimonio ed invece il delitto di atti persecutori - il quale a sua volta si configura come una specificazione dei reati di violenza, molestia e minaccia ripetute connessi dal fatto che le relative condotte debbano essere poste in essere in modo reiterato ed idoneo a cagionare almeno uno degli eventi indicati".

Questo orientamento conferma la possibilità di contestazione in concorso di più reati quando le condotte, pur cronologicamente sovrapposte, offendano beni giuridici diversi e presentino elementi costitutivi distinti. La sentenza n. 33230 del 2024 aveva già stabilito che "i delitti di atti persecutori e diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti concorrono tra loro e non configurano un'ipotesi di reato complesso, in quanto presentano elementi costitutivi e beni giuridici tutelati differenti".


L'elemento soggettivo nei reati telematici


La pronuncia fornisce importanti chiarimenti sull'elemento soggettivo richiesto per la configurazione dei reati sessuali telematici. In particolare, per il reato di diffusione illecita di immagini sessualmente esplicite di cui al secondo comma dell'art. 612-ter del codice penale, la Corte ha confermato che "la finalità di rendere nocumento richiesta dall'art. 612-ter secondo comma cod. pen., un elemento costitutivo del dolo che deve essere caratterizzato dalla volontà di ledere la reputazione del soggetto rappresentato nelle immagini dal contenuto sessualmente esplicito diffuse senza il suo consenso".

Questo principio, già consolidato dalla sentenza n. 42562 del 2024, stabilisce che "la fattispecie di cui al comma 2 della medesima norma, che punisce chi, avendo ricevuto da terzi le immagini o i video, li diffonde, richiede il dolo specifico di arrecare nocumento al soggetto rappresentato".


L'attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa


Un aspetto procedurale di particolare rilevanza riguarda la valutazione dell'attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa nei reati sessuali. La Corte ha ribadito che "le dichiarazioni della persona offesa, si ribadisce, ritenute credibili e scevere da intenti rivendicativi, quanto al minimo contributo offerto al mantenimento della minore con versamenti irrisori ed insufficienti a garantire i mezzi di sussistenza hanno trovato conferma nella documentazione prodotta".

Questo orientamento si inserisce nel consolidato principio giurisprudenziale secondo cui le dichiarazioni della persona offesa possono costituire prova sufficiente per la condanna, purché siano attendibili e trovino riscontro negli altri elementi acquisiti al processo, come stabilito dalla giurisprudenza consolidata in materia.


Le implicazioni per la pratica forense


La sentenza in esame presenta significative implicazioni per la pratica forense, particolarmente nell'ambito dei reati commessi attraverso strumenti telematici. L'ampliamento dei criteri di procedibilità d'ufficio attraverso il riconoscimento della connessione investigativa comporta una maggiore facilità di perseguimento di tali reati, anche in assenza di querela della persona offesa.

Dal punto di vista difensivo, la pronuncia conferma la necessità di un approccio tecnico specializzato nella gestione dei procedimenti per reati telematici, dove la distinzione tra le diverse fattispecie incriminatrici e la corretta qualificazione giuridica dei fatti assumono rilevanza determinante per l'esito del processo.

La conferma della configurabilità della violenza sessuale in assenza di contatto fisico impone inoltre una particolare attenzione nella valutazione delle condotte poste in essere attraverso mezzi di comunicazione digitale, dove il confine tra comportamenti leciti e illeciti può risultare più sfumato ma non per questo meno rilevante dal punto di vista penale.


Riflessioni conclusive e prospettive evolutive


La sentenza n. 5688/2025 si inserisce in un quadro giurisprudenziale in costante evoluzione, che cerca di adeguare i principi tradizionali del diritto penale alle nuove modalità di commissione dei reati nell'era digitale. L'approccio della Suprema Corte dimostra una particolare sensibilità verso la tutela della libertà sessuale e dell'autodeterminazione individuale, indipendentemente dalle modalità tecniche attraverso cui tali beni giuridici vengono aggrediti.

L'estensione dei criteri di procedibilità d'ufficio attraverso il riconoscimento della connessione investigativa rappresenta un significativo passo avanti nella lotta contro i reati sessuali telematici, spesso caratterizzati da una particolare complessità investigativa che richiede l'intervento coordinato delle autorità inquirenti.

La pronuncia conferma inoltre l'importanza di un approccio sostanziale nella valutazione dei reati sessuali, dove la tutela del bene giuridico protetto prevale sulle considerazioni meramente formali relative alle modalità di commissione del fatto. Questo orientamento appare particolarmente appropriato in un contesto tecnologico in continua evoluzione, dove le tradizionali categorie giuridiche devono essere costantemente riadattate alle nuove realtà criminologiche.

L'evoluzione giurisprudenziale in materia di reati sessuali telematici dimostra la capacità del sistema penale italiano di adeguarsi alle sfide poste dalla digitalizzazione, mantenendo fermi i principi fondamentali di tutela della persona e della sua dignità, indipendentemente dal mezzo attraverso cui tali valori vengono aggrediti.

 
 
 

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