La Disciplina dei Conti Correnti Cointestati: Principi Giuridici e Rapporti Interni tra Cointestatari
- avvvitello
- 18 ott
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La recente sentenza del Tribunale di Roma del 27 settembre 2025 offre l'occasione per approfondire una delle questioni più delicate e ricorrenti nella prassi bancaria e giudiziaria: la disciplina dei conti correnti cointestati e, in particolare, i rapporti interni tra i cointestatari quando uno di essi effettui prelievi non autorizzati dall'altro.
Il Quadro Normativo di Riferimento
La disciplina giuridica dei conti correnti cointestati si articola su due livelli distinti che è fondamentale tenere separati: i rapporti esterni con la banca e i rapporti interni tra i cointestatari.
Per quanto riguarda i rapporti con l'istituto di credito, trova applicazione l'articolo 1854 del codice civile, secondo cui "nel caso in cui il conto sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto". Questa norma stabilisce quindi una solidarietà attiva e passiva nei confronti della banca, consentendo a ciascun cointestatario di operare autonomamente con effetti vincolanti per tutti gli altri.
Diversa è invece la disciplina applicabile ai rapporti interni tra i cointestatari, per i quali rileva l'articolo 1298, comma 2, del codice civile, che stabilisce: "Le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente". Questa disposizione introduce una presunzione iuris tantum di parità delle quote tra i cointestatari, superabile mediante prova contraria.
L'Orientamento Consolidato della Cassazione
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito in modo definitivo i principi applicabili alla materia. Come affermato dalla Cassazione civile con sentenza n. 77 del 4 gennaio 2018: "nel conto corrente bancario intestato a due (o più) persone, i rapporti interni tra correntisti non sono regolati dall'art. 1854 c.c., riguardante i rapporti con la banca, bensì dal secondo comma dell'art. 1298 c.c., in virtù del quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali solo se non risulti diversamente".
La Suprema Corte ha inoltre precisato che la presunzione di contitolarità può essere superata quando risulti provato che il saldo attivo discenda dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, dovendo in tal caso escludersi che l'altro possa, nel rapporto interno, avanzare diritti sul saldo medesimo. Inoltre, anche quando non si ritenga superata la presunzione di parità delle parti, ciascun cointestatario non può disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell'altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto sia all'intero svolgimento del rapporto.
Il Caso Deciso dal Tribunale di Roma
La fattispecie esaminata dal Tribunale di Roma presenta elementi di particolare interesse. Si trattava di una controversia tra ex coniugi che avevano scelto il regime patrimoniale della separazione dei beni e che avevano aperto un conto corrente cointestato presso un istituto bancario. L'attrice lamentava che il convenuto avesse effettuato prelievi per complessivi 28.700 euro senza la sua autorizzazione, utilizzando le somme per finalità personali.
Il Tribunale ha accolto integralmente la domanda, applicando correttamente i principi consolidati dalla giurisprudenza di legittimità. In particolare, il giudice ha rilevato che il conto corrente era stato alimentato esclusivamente con versamenti effettuati dalla sola attrice, come risultava dalla documentazione bancaria prodotta. Tale circostanza era idonea a superare la presunzione di contitolarità ex articolo 1298, comma 2, del codice civile.
Il Superamento della Presunzione di Contitolarità
Un aspetto di particolare rilevanza nella sentenza riguarda le modalità attraverso cui può essere superata la presunzione di parità delle quote. Il Tribunale ha chiarito che quando il saldo attivo risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, si deve escludere che l'altro possa, nel rapporto interno, avanzare pretese su tale saldo.
Nel caso di specie, la documentazione prodotta dall'attrice dimostrava inequivocabilmente che il conto corrente era stato alimentato con un versamento di 30.000 euro effettuato mediante bonifico con contabile giroconto, cui era conseguito il saldo del conto corrente alla data del 31 dicembre 2016 di 30.020,75 euro. Tale prova documentale era sufficiente a dimostrare l'esclusiva titolarità delle somme in capo all'attrice.
I Limiti al Potere Dispositivo dei Cointestatari
La sentenza conferma un principio fondamentale: nei rapporti interni, ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, non può disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell'altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza. Questo limite opera non solo in relazione al saldo finale del conto, ma durante l'intero svolgimento del rapporto.
Nel caso esaminato, il convenuto aveva effettuato prelievi per diverse finalità: pagamento di una collaboratrice domestica, contributo per spese condominiali a favore della figlia, giroconto su conto corrente personale e bonifico a proprio favore. Tutti questi prelievi, effettuati senza il consenso dell'attrice e per finalità personali, sono stati considerati illegittimi dal Tribunale.
La Questione della Mediazione Obbligatoria
Un aspetto procedurale di interesse riguarda l'eccezione di improcedibilità per mancato esperimento della mediazione obbligatoria sollevata dal convenuto. Il Tribunale ha correttamente rigettato tale eccezione, richiamando l'orientamento della Cassazione civile con ordinanza n. 31209 del 21 ottobre 2022, secondo cui la Suprema Corte ha adottato una lettura rigorosa e non estensiva della nozione di "contratti bancari e finanziari" per cui la legge prescrive l'obbligo della mediazione.
La controversia in esame, infatti, non attiene al rapporto contrattuale con la banca, ma ai rapporti interni tra cointestatari di un conto corrente, materia che non rientra nell'ambito applicativo dell'articolo 5, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 28/2010.
L'Onere della Prova
Un elemento di particolare rilevanza pratica riguarda la distribuzione dell'onere probatorio. Come chiarito dalla Cassazione civile con ordinanza n. 24328 del 16 ottobre 2017, l'attore che chiede la restituzione di somme deve provare gli elementi costitutivi della domanda e, quindi, non solo la consegna, ma anche il titolo da cui derivi l'obbligo della vantata restituzione.
Nel caso dei conti correnti cointestati, tuttavia, la presunzione di contitolarità comporta un'inversione dell'onere probatorio: spetta a chi contesta la parità delle quote dimostrare che le somme depositate provengano esclusivamente da uno dei cointestatari. Nel caso esaminato dal Tribunale di Roma, l'attrice ha assolto pienamente a tale onere mediante la produzione della documentazione bancaria.
Le Conseguenze dell'Indebito Prelievo
Quando un cointestatario effettui prelievi eccedenti la propria quota senza il consenso dell'altro, sorge l'obbligo di restituzione delle somme indebitamente prelevate. Il Tribunale di Roma ha condannato il convenuto al pagamento della somma di 28.700 euro, corrispondente all'intero ammontare dei prelievi effettuati, avendo accertato che il conto era stato alimentato esclusivamente dall'attrice.
La giurisprudenza ha chiarito che tale azione di restituzione non ha natura risarcitoria ma trae origine dalla solidarietà attiva sussistente tra cointestatari ex articolo 1854 del codice civile, ed è pertanto soggetta al termine ordinario decennale di prescrizione.
Profili Applicativi e Considerazioni Pratiche
La sentenza del Tribunale di Roma offre importanti spunti di riflessione per la prassi professionale. In primo luogo, evidenzia l'importanza di una corretta documentazione dei versamenti effettuati sui conti correnti cointestati, al fine di poter dimostrare l'eventuale esclusiva titolarità delle somme depositate.
In secondo luogo, la decisione conferma che la mera cointestazione di un conto corrente non comporta automaticamente una comunione sostanziale delle somme depositate, potendo tale presunzione essere superata dalla prova della diversa provenienza della provvista.
Particolare attenzione merita inoltre la precisazione secondo cui il limite al potere dispositivo dei cointestatari opera durante l'intero svolgimento del rapporto e non solo al momento della chiusura del conto. Ciò significa che ogni singolo prelievo eccedente la propria quota, se effettuato senza consenso, può dar luogo a responsabilità restitutoria.
Conclusioni
La sentenza del Tribunale di Roma si inserisce nel solco dell'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, confermando i principi fondamentali che regolano i rapporti interni tra cointestatari di conti correnti bancari. La decisione evidenzia l'importanza di distinguere chiaramente tra i rapporti esterni con la banca, regolati dall'articolo 1854 del codice civile, e i rapporti interni tra cointestatari, disciplinati dall'articolo 1298 del codice civile.
La corretta applicazione di questi principi consente di tutelare adeguatamente i diritti di ciascun cointestatario, evitando che la facoltà di operare disgiuntamente prevista nei rapporti con la banca si traduca in un indiscriminato potere dispositivo anche nei rapporti interni. La presunzione di contitolarità in parti uguali, pur essendo superabile mediante prova contraria, costituisce un importante strumento di protezione per i cointestatari, garantendo che eventuali prelievi eccedenti la propria quota possano essere oggetto di azione restitutoria.
La sentenza rappresenta quindi un utile precedente per tutti i professionisti che si trovino ad affrontare controversie analoghe, fornendo una guida chiara per l'applicazione dei principi giuridici consolidati in materia di conti correnti cointestati e confermando l'importanza di una rigorosa valutazione probatoria per l'accertamento dell'effettiva titolarità delle somme depositate.





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